Il cesareo per esigenze organizzative e non cliniche

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  1. _*sere*_
     
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    Cesareo elettivo da valutare
    La scelta del cesareo pre-travaglio si sta affermando come modalità elettiva e sempre di più non per indicazioni cliniche, ma per esigenze organizzative dei medici o delle stesse donne. Uno studio sottolinea l'importanza di valutare rischi di tale opzione

    I cesarei negli Stati Uniti sono passati dal 20,7% del 1996 al 31% del 2006, soprattutto per incremento di quello ripetuto (40% degli 1,3 milioni annuali con questa modalità) e per più di un quarto quelli primari sono pre-travaglio.

    Questa modalità si va affermando sempre più non per indicazioni cliniche ma per esigenze organizzative dei medici o delle stesse donne: d'altra parte la stessa tendenza c'è in Europa e l'Italia risulta addirittura in testa, con dati che indicano aumenti dall'11% del 1980 al 33% del 2000 e punte recenti anche molto superiori in alcune zone della penisola. Ma un incremento di rischio è presente con il cesareo nei nati a termine, cioè dopo almeno 37 settimane, ma prima di 39, come ha evidenziato un ampio studio statunitense.

    La ricerca multicentrica ha selezionato 13.258 casi di parto cesareo ripetuto elettivo, prima dell'inizio del travaglio e senza indicazioni riconosciute per l'esecuzione prima delle 39 settimane, nel periodo tra 1999 e 2002. Obiettivo era accertare la presenza di complicanze neonatali.

    Gli esiti avversi di tipo respiratorio consistevano in sindrome da distress respiratorio o tachipnea transitoria del neonato, la seconda in genere meno severa e prolungata della prima dovuta a malattia delle membrane ialine tipicamente nei nati prematuri. Dalla ricerca è emerso che il 35,8% dei cesarei era stato eseguito prima del completamento della 39a settimana gestazionale, e il 49% alla 39a settimana.

    Nel confronto con le nascite a 39 settimane, quelle a 37 e a 38 settimane si associavano a un incremento di rischio di esiti avversi: per quelli respiratori, la ventilazione meccanica, la sepsi neonatale, l'ipoglicemia, il ricovero in terapia intensiva, l'ospedalizzazione per almeno cinque giorni l'aumento era di un fattore da 1,8 a 4,2 per le nascite a 37 settimane e da 1,3 a 2,1 per quelle a 38 settimane. Interessante che anche il parto ritardato oltre le 40 settimane si associava a un incremento di esiti sfavorevoli (oltre quest'età aumenta anche il rischio di nati morti).

    In compenso nella coorte studiata si è registrato un solo caso di morte neonatale e non ne sono risultati di encefalopatia ipossico-ischemica o di enterocolite necrotizzante. Gli autori sottolineano l'accuratezza nell'individuare ed escludere i casi con indicazione per il parto prima delle 39 settimane e nell'assegnare l'età gestazionale, anche se ritengono che in qualche caso di sospetta compromissione fetale i medici potrebbero non aver indagato con i test prima del parto a termine.
    NEJM 2009; 360:111-20
     
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