La nascita in ospedale

di Clara Scropetta

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  1. _*sere*_
     
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    La nascita in ospedale di Clara Scropetta


    Care sorelle, vi indirizzo queste righe cullando dentro di me la visione di una nascita compresa e onorata. È un testo forte, sincero, senza mezzi termini. Auguro a noi tutte un’esperienza che nutra lo spirito e guarisca la Grande Madre, e non qualcosa da sopportare ringraziando chi di dovere per non averci inflitto la «solita» brutalità. Abbiamo fiducia in noi stesse e nelle anime che nutriamo in grembo!

    Determinazione
    Requisito indispensabile. Con la determinazione possiamo influenzare in modo drammatico gli eventi e rendere vero l’impossibile. Con la determinazione smettiamo di considerare siano gli altri a determinare ciò che ci accade e ci riprendiamo in mano la nostra sovranità. Necessaria alla determinazione è un’informazione approfondita e precisa, seguita da un’attenta riflessione che valuti tutti gli aspetti, per arrivare ad una decisione fondata. È la determinazione a permetterci di raggiungere all’ultimo momento un’ospedale sconosciuto per ottenere quello che desideriamo senza lottare. È la determinazione a permetterci di mantenere a fuoco ciò che ci è importante senza per forza metterci contro qualcuno, scatenando conflitti dalle infelici ripercussioni. Informiamoci per bene e siamo inflessibili sulle priorità - per esempio, se sappiamo che è indispensabile lasciare intatti madre e bambino, esprimiamoci in tale senso «Noi non separiamo madre e bambino», e facciamolo. Anche in situazioni di emergenza è possibile (è addirittura auspicabile!) salvaguardare l’unità madre-neonato e non sono certo le abitudini di routine ospedaliera ad avere la meglio sulle esigenze primarie di un neonato. Una mia amica, primipara a 41 anni, abbandonata dall’ostetrica a 17 ore di travaglio, è arrivata in ospedale e dopo quattro ore ne è uscita con il bambino in braccio senza essere stata separata da lui e senza che venissero fatte i controlli, i prelievi di sangue e i trattamenti di rito nè a lei nè al bambino. Non conosceva nessuno, non era un reparto «alternativo», era protetta magnificamente da suo marito: erano di fatto entrambi molto determinati. La determinazione ci dona grazia e dolcezza e fa sì che i medici ci comprendano e siano nostri alleati, anche se non sono d’accordo con noi o si trovano a fare qualcosa di completamente nuovo.

    Responsabilità
    Anch’essa indispensabile. Quasi tutto quello che accade durante il parto medicalizzato dipende dalla responsabilità legale di chi lo assiste. Se non crediamo nella validità di quegli interventi (importante essere bene informati!) eseguiti prima di una reale situazione di pericolo di vita possiamo rifiutarli riprendendoci la nostra responsabiltà. È importante tenere a mente, senza illusioni, che la nascita e la morte sono aspetti dello stesso fenomeno di trasformazione dell’essere e che non è possibile garantire una sicurezza totale. La protezione dell’ambiente ospedaliero è illusoria: vengono evitate alcune tragedie, ma non tutte! e per far ciò si perturba massicciamente ogni parto con gravi conseguenze per madre e bambino, a breve e soprattutto a lungo termine[2]. Viene fatto in nome di studi che non sono messi in discussione e riflettono la mitologia del parto pericoloso, sanguinoso e doloroso. Il parto indisturbato, nel rispetto delle reali esigenze di madre e bambino (pace, fiducia, accoglienza) non è pericoloso. È estatico. Comunichiamo al personale che ci accudisce come ci sentiamo responsabili di noi stesse e non deleghiamo loro il peso totale di decisioni che non gli competono. Ringraziamoli in anticipo per il loro appoggio e la competenza che dimostreranno in caso di reale emergenza. Diritti Senza il nostro esplicito consenso non può esserci fatto nulla. È prevista negli ospedali la prassi di firmare nel caso, per esempio, si voglia essere dimessi anche se il medico non è d’accordo. Possiamo gentilmente rifiutare tutte le procedure che non desideriamo. Dobbiamo solo essere informate, determinate e non avere paura. Per esempio, se non desideriamo essere visitate per via vaginale o altrimenti monitorate durante il travaglio, può venirci risposto che non vi è altro modo di seguire il progredire della dilatazione e/o riconoscere uno stress neonatale. Forti della nostra determinazione (siamo ben informate, sappiamo che questi controlli di fatto inibiscono il processo della nascita e provocano stress neonatale, sappiamo che esistono ostetriche e medici che sanno seguire l’andamento del parto senza l’ausilio di queste pratiche[3]) ci prendiamo la nostra responsabilità, forti del nostro diritto, e firmiamo un pezzo di carta che sancisce come stiamo agendo in base alle nostre convinzioni contro il parere del medico. Jeannine Parvati Baker[4] racconta di aver firmato le dimissioni in travaglio con due gemelle, di cui una podalica, per scampare ad un cesareo. A casa, sotto gli occhi stupefatti del medico di guardia che l’ha inseguita in macchina preoccupato per la loro incolumità, ha partorito senza problemi entrambe, accovacciata, senza l’aiuto di nessuno. Sono l’ascolto interiore e la fiducia nella nostra competenza a guidarci, non il timore, sia anche solo il timore di non essere «brave ragazze», la cui disobbedienza sarà punita.

    Lettera d’intenti
    Detta anche piano per la nascita, alcune donne preferiscono stilarla sentendosi più sicure e tutelate. In realtà, vi sono esempi di medici che hanno a priori accettato una tale lettera e poi in pratica (senza situazione di emergenza) non l’hanno rispettata e di medici che, ignari di tutto, si sono resi disponibili all’ultimo momento a modificare il loro protocollo. Ricordiamo che è la nostra determinazione a fare la differenza. Può essere utile a farci chiarezza, ad instaurare un rapporto franco con il personale medico e paramedico, a guidare chi ci accompagna. So di una donna che ha scritto il seguente testo per l’ostetrica che l’avrebbe assistita in casa: «Desidero che l’ostetrica non mi metta la mani addosso (to be hand off) a meno che non sia io stessa a chiederglielo ». Eloquente, vero?

    Doula (assistente alla nascita)
    La priorità assoluta di una donna in travaglio è di non essere disturbata in alcun modo. In particolare le sollecitazioni verbali sono molto dannose e ci strappano dalla dimensione estatica indispensabile al parto spontaneo naturale, interrompendo e stravolgendo tutto. Per tale motivo è consigliabile ricorrere ad una doula, assistente alla madre [5](una donna teoricamente, praticamente ed emotivamente competente sul tema della maternità) che funga da filtro e si assuma il ruolo di comunicare con la struttura ospedaliera per la madre (delega scritta) facendo valere le sue richieste. Per esempio se il medico paventa un’episiotomia, la doula può prontamente offrire in alternativa una flanella bagnata di acqua sul perineo e che la donna scelga una posizione più comoda. La doula inoltre protegge la futura madre dalle perturbazioni psicologiche tenendo lontane persone che trasudino paura o sfiducia. Non è che la paura di per se stessa sia inopportuna, tutt’altro. Ben venga la paura motivata dettata da una situazione contingente di pericolo. Inopportuna è soltanto la paura irrazionale dettata da uno stato emotivo che ripete una situazione del passato o appartiene all’immaginario collettivo. Questa paura si materializza nelle complicazioni durante la nascita . Il lavoro di pulizia e liberazione da questa paura costituisce un’adeguata preparazione prenatale; la donna distingue finalmente quello che realmente è dai fantasmi e può decidersi per l’ospedale con cognizione di causa (sa che quella paura che le è rimasta è reale, vi è davvero un ostacolo).

    Padre
    Il padre è il benvenuto a patto che sia libero da paure irrazionali, abbia una fiducia totale nella donna e nel bambino e che la futura madre desideri la sua presenza naturalmente. Le esigenze della donna sono prioritarie. Non si puo’ spiegare la magia e la bellezza di un bambino accolto esclusivamente dalla coppia che lo ha concepito, dai suoi fratelli, senza alcuna fretta e senza null’altro da fare nelle prime ore dopo la nascita se non contemplarlo e goderselo in tutta pace.

    Protocollo
    I reparti ospedalieri e le ostetriche a domicilio seguono un protocollo, cosa che assicura loro una certa tutela legale. Questi protocolli sono stilati in base a principi di routine pratica e scientifica. Tenedo a mente che il vero parto naturale è indisturbato ovvero senza il minimo intervento, si può chiedere in anticipo o sul momento di rinunciare a qualsiasi suo punto, firmando beninteso per sancire il contratto legale in cui ci si riassume responsabilità personale.

    Evidenze scientifiche
    Non ci sono. Manca completamente una letteratura scientifica che studi ciò che avviene durante un parto «libero», non disturbato. Ho letto recentemente : «Non vi sono studi sull’esito del parto in un luogo o in un periodo storico in cui le donne siano sane, ben nutrite, godano di stabilità relazionale e ambientale, siano amate e onorate per le loro gravidanze, partoriscano in un’ambiente sicuro di loro scelta, in assenza di paure sulla nascita di origine culturale che ne influenzino il comportamento o di interventi di personale qualificato impaurito. Dati simili semplicemente non sono disponibili». Questi sono i dati di cui abbiamo bisogno per valutare i criteri base di protocolli e interventi.

    La nascita Lotus
    È semplice avere una nascita Lotus, senza tagliare il cordone e separare il bambino dalla placenta, nel caso di un parto non assistito. Anzi è la cosa più semplice da farsi: non fare. Nel caso di parto assistito da un’ostetrica o in ospedale diventa necessario spiegare le proprie intenzioni. Ben informate e assolutamente determinate, non andiamo a chiedere il permesso per la nascita Lotus bensì illustriamo le nostre ragioni e domandiamo collaborazione. È probabile che il personale qualificato ne sappia poco o nulla e di primo acchito non sia disponibile. Facciamogli dono di ampia letteratura sul tema[6]. Sappiamo come sia un’evidenza scientifica che il taglio «ritardato»del cordone sia sicuro, anzi, un fattore importante per l’adattamento del neonato alla vita aerea e per uno sviluppo sano del sistema immunitario. Sappiamo che il taglio precoce del cordone è una prassi senza evidenza scientifica che ha profonde radici culturali essendo stata adottata da secoli, se non millenni, per ragioni sconosciute (l’ipotesi di Michel Odent è per renderci aggressivi) e che oltre ad essere un fattore importante di stress neonatale ci influenza tutti come antica memoria di shock e paura. Non è un caso che al racconto di nascite senza assistenza, la prima domanda è, senza eccezioni : «E il cordone? Chi ha fatto il nodo?» Davvero. Siamo determinate e chiare, assumendoci tutta la responsabilità. In fin dei conti grazie a noi hanno l’occasione fantastica di osservare questa pratica ancora inusuale che prevede l’attesa calma della nascita spontanea della placenta prima di considerare il parto concluso e anche allora non recide. Con la stessa determinazione che ci guida a declinare ogni proposta di separazione dal bambino, decliniamo ogni taglio del cordone anche in caso di parto operativo - anzi, nel caso vi siano difficoltà diventa ancora più importante per il bambino godere della connessione fisica ed energetica con la placenta e della trasfusione totale di sangue ossigenato. Ciò è vero particolarmente in caso di taglio cesareo, sia esso di emergenza o pianificato. I medici obiettano che in tal modo vi è maggior trasferimento di anestetico al bambino. Di fatto il grosso è già passato e non vi è evidenza che proprio quell’ultima dose debba essere pericolosa. Esploriamo senza indugi la «logica» medica. Non si conosce per esempio il tempo necessario a nascere nel momento in cui ci applica l’anestesia ma non vi è timore particolare se esso sarà pari a un’ora o a tre ore, però si vuole a tutti i costi recidere per via di dieci minuti (il tempo medio in cui il cordone continua a pulsare). Quindi è possibile mettere sul piatto della bilancia i pro e i contro e decidere di accettare il rischio dovuto al passaggio di anestetico in quei dieci minuti per via dei benefici enormi della pratica della nascita Lotus . Un’ulteriore obiezione riguarda il fatto che nel cesareo la placenta viene staccata artificialmente dalla parete uterina. Non sono un chirurgo e quindi ammetto che bisogna chiedere bene al medico com’è che questo avviene e se sia effettivamente incompatibile con la nascita Lotus. Non sarà nient’altro che la nostra determinazione a fare la differenza, come al solito. Per concludere, a meno che facciamo riferimento ad un centro ospedaliero che offra una stanza matrimoniale con bagno per il parto e lasci l’assistenza alle ostetriche finchè l’andamento è fisiologico[7], andiamo in ospedale a partorire all’ultimo momento. Facciamo diversamente solo se ci accorgiamo di un’anomalia. Ben sapendo che si tratta di un momento irripetibile e di enorme importanza per la salute della famiglia, consideriamo seriamente l’assistenza ostetrica a domicilio anche se ci viene a costare. L’ostetrica beninteso deve avere la sensibilità e le conoscenze necessarie per poter essere presente ad una nascita senza interventi di sorta. Coltiviamo la fiducia nella vita. Non è possibile scegliere razionalmente a priori un’esperienza specifica di parto, pero’, non appena ci risvegliamo all’ascolto interiore, ci si apre la possibilità di esperienze che prima non avevamo considerato e cresce la consapevolezza che abbiamo in noi tutto il necessario. Non importa se si tratta del primo figlio, la conoscenza è ben impressa nella nostra memoria cellulare, basta lasciarla emergere. Ricordiamoci di onorare chi ci sta servendo. Comprendiamo che il personale ospedaliero, come a volte l’ostetrica a domicilio, conosca solo il parto «controllato». In base a queste conoscenze prende le sue decisioni. Esse sarebbero molto diverse se avesse avuto modo di osservare anche solo una volta una donna dare alla luce il proprio bambino come natura prevede, senza il minimo intervento. Quella donna puoi essere tu. Grazie di avermi ascoltata.

    Note:
    [1] Clara Scropetta. Laureata in chimica e tecnologia farmaceutiche, ha studiato in seguito varie discipline "complementari" per giungere ad una visione della salute quale equilibrio dinamico di relazione che si manifesta come bellezza e felicità. Crede che la guarigione del percorso nascita sia un punto chiave per il recupero del benessere personale e sociale. È stata la maternità ad averla iniziata a questa visione e sono i suoi tre figli gli alleati preziosi nelle ricerche. Si sta rieducando con fervore ad uno stile di vita rispettoso, sobrio e consapevole (ecologico profondo) e al recupero delle competenze materne.
    [2] Secondo la Association of Peri-and Prenatal Psychology.
    [3] Michel Odent, «Il bebè è un mammifero», Red Edizioni.
    [4] Jeannine Parvati Baker ha dedicato tutta la vita alla nascita, alla maternità e alla salute e ha servito la sua comunità come ostetrica. www.birthkeeper.com o www.freestone.org.
    [5] La doula puo’ accompagnare la donna anche nel parto in casa affiancandosi in modo complementare all’ostetrica, l’ostetrica liberale puo’ fungere da doula nel caso di trasferimento in ospedale.
    [6] Il libro di Shivam Rachana, «Il parto integrale: nati con la placenta», Amrita; il sito www.sarahjbuckley.com del dott. Sarah Buckley ; il numero 36, marzo 2002, di D&D dedicato al secondamento e al taglio del cordone.
    [7] Come il Centro Nascita Serristori, Figline Valdarno

    Fonte: C.I.R. (Corrispondenze Informazioni Rurali) n. 18.
    Il C.I.R. è nato nel 1998 alla fiera dell'autogestione di S. Martino in Rio, ad opera di un piccolo gruppo di persone che praticavano e praticano stili di vita in sintonia con i ritmi naturali e nel rispetto dei regni non umani.
    Per ricevere la pubblicazione del C.I.R. contattare Pontiroli Renato, Borgo Cerri 8 17030 ERLI (SV) - email: [email protected].
     
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